Legge sulla privacy e telecamere per la videosorveglianza

Legge sulla Privacy e telecamere per la videosorveglianza: l’utilizzo di telecamere come deterrente per la microcriminalità pone molti interrogativi sul tema della tutela dei dati sensibili, ancor più adesso che, in alcuni territori, si parla di affidarne il controllo a comitati di cittadini.

A proposito di Legge sulla Privacy e telecamere di videosorveglianza, un paio di giorni fa è uscito sulla Tribuna, un giornale locale della Provincia di Treviso, la notizia intitolata ‘Telecamere pubbliche e private per presidiare il territorio – il Comune di Treviso mette in rete i sistemi di videosorveglianza per un controllo del vicinato’.

Chiunque se ne intenda un po’ di Privacy penserà subito a tutte le implicazioni di carattere tecnico e legale che questa, pur se lodevole, iniziativa comporta, e magari anche come questa dovuta regolamentazione si scontra con l’aspetto pratico della vita quotidiana.

Videosorveglianza: privacy e pubblica sicurezza sono entrambi diritti da tutelare

Al giorno d’oggi, milioni di videocamere sono installate in strade, aziende ed abitazioni private in tutto il mondo, con l’obiettivo dichiarato di ridurre il crimine e aumentare la sicurezza pubblica.

Tanto per fare un esempio negli Stati Uniti la sola città di Chicago ha dichiarato, qualche anno fa, almeno 15.000 telecamere (per le strade e sui mezzi pubblici), diventando una delle più grandi reti di videosorveglianza del paese, tanto da spingere gruppi per le libertà civili ad esprimere forti preoccupazioni; infatti rimangono sempre i dubbi circa il potenziale di tali sistemi nel violare la privacy personale e il loro costo-efficacia complessivo.
Per esempio, sempre a Chicago, un portavoce della città ha dichiarato che il sistema di telecamere di sorveglianza ha contribuito a risolvere 4.500 delitti in quattro anni, ma se consideriamo che si stima che i delitti siano stati, nel medesimo periodo, più di un milione, significa che il contributo preventivo delle telecamere è stato di uno 0,05%.

Anche il Comune di Treviso sembra indirizzato in tal senso: infatti, sempre l’articolo della Tribuna cita che le apparecchiature in dotazione al Comune siano 125, ed abbiano registrato in un anno 13.000 ore di dati, con il risultato di aver rilevato 160 incidenti stradali, 12 omissioni di soccorso, 18 reati penali fra furti e rapine e 50 atti vandalici. Numeri quanto meno importanti, ma comunque esigui, considerato il monte ore in questione. Quindi i casi sono due: o la città di Treviso è ancora fortunatamente una mosca bianca per quanto riguarda la criminalità (e vivendoci possiamo affermare che effettivamente è così) oppure il rapporto costi e benefici della videosorveglianza di massa, anche in questo caso, lascia il tempo che trova.

Forse che se al posto di imbastire una infrastruttura di rete pubblica per la gestione di 125 apparecchiature, il conseguente costo del personale tecnico addetto, la dovuta manutenzione ordinaria e straordinaria, non sarebbe magari stato più conveniente assumere altri agenti di polizia per il controllo diretto sul territorio?

La videosorveglianza, oltre a porre interrogativi sulla privacy, potrebbe comportare altri effetti negativi.

Un’altra considerazione poi da fare è che le telecamere a circuito chiuso hanno anche il potenziale di creare effetti indesiderati. Ci si riferisce alla possibilità che, se da una parte avremo una maggiore sicurezza in determinate aree, dall’altra l’effetto sarà compensato dal fatto che le attività antisociali si sposteranno in altre parti della città.

L’uso smodato di telecamere potrebbe anche promuovere un falso senso di sicurezza, così da portare i cittadini a prendere meno precauzioni, o potrebbe anche causare più reati da segnalare, e quindi portare ad un aumento percepito della criminalità. Infine, l’indiscriminata raccolta dei dati sui cittadini rispettosi della legge, per quanto ben intenzionati, ha il potenziale di abuso.

Legge sulla Privacy e telecamere pongono implicazioni che devono essere gestite dal Nuovo Regolamento Europeo.

E proprio su questo ultimo aspetto che vanno poi considerate tutte le implicazioni relative alla regolamentazione di questa iniziativa con il Codice Privacy attualmente ancora in vigore, e soprattutto con quelle che saranno le nuove regole stabilite dal Nuovo Regolamento Europeo, sia per quanto riguarda appunto la videosorveglianza, nonché sul trattamento dei dati da parte delle autorità preposte.

Tutti noi che ci occupiamo di Privacy sappiamo che per poter avere un sistema di videosorveglianza, sia esso utilizzato da un Ente Pubblico o da un’azienda privata, vanno rispettate determinate regole di natura tecnica, burocratica e legale. Se poi a tutto questo ci aggiungiamo il fatto che sembra che il Comune di Treviso voglia coinvolgere anche i privati cittadini nel suo progetto, le implicazioni Privacy crescono a dismisura.

Invece leggiamo, sempre nell’articolo del quotidiano, che il Comune è già avanti con i lavori e sta facendo il tutto con il beneplacito delle Forze dell’Ordine, della Prefettura, della Questura e dopo aver ricevuto il via libera da parte del Ministero dell’Interno.

Qualcuno potrebbe anche portare a supporto di tutto ciò la sentenza della Cassazione n. 6812/13 che dice testualmente che le registrazioni di una telecamera esterna, posta in luogo pubblico, sono valide come prova in sede di processo penale (il caso si riferiva ad un rapinatore ripreso da un impianto di videosorveglianza installato all’esterno di un negozio che tuttavia non era a norma di Legge, perché in violazione della Privacy); ma se è vero che il malfattore non può invalidare l’accusa, chiedendo l’annullabilità delle prove documentali raccolte in presenza di vizio di norma, è altrettanto fuori di dubbio che la regolarità degli impianti deve essere comunque garantita, sia dal Comune, ma soprattutto da coloro i quali vorranno aderire volontariamente al progetto (aziende, pubblici esercizi o privati che siano), onde evitare di incappare in salate sanzioni amministrative da parte dell’autorità preposta.

legge sulla privacy e telecamere

Girando infatti per le strade del nostro capoluogo, così come nel resto d’Italia, è facilissimo imbattersi banalmente su cartelli di videosorveglianza palesemente inadeguati; cartelli esposti al pubblico e come tali facilmente individuabili, che possono giustificare una successiva, e più accurata, ispezione, da parte delle autorità preposte, sulla regolarità del sistema Privacy aziendale; Privacy aziendale spesso inesistente, che anziché essere considerata una tutela del patrimonio aziendale, viene vista solo ed esclusivamente come l’ennesimo onere da sostenere a carico delle aziende.