Il Codice Privacy, all’art. 13, comma5, lett. b consente la registrazione di una telefonata anche all’insaputa dell’altro conversante, senza violazione dell’altrui privacy.
Stai per fare una telefonata importante: nel corso della conversazione hai intenzione di incastrare il tuo interlocutore e fargli confessare alcune questioni che potrebbero essere determinanti per la difesa dei tuoi diritti. Solo lui può dirti alcuni particolari di cui è a diretta conoscenza e garantirti così una prova da portare, eventualmente, dai Carabinieri o dal giudice. L’interlocutore però non è così sprovveduto da riportare tali fatti in una mail o in un messaggio e si guarda bene dal lasciare prove scritte; per cui l’unica tua speranza è di sfruttare una chiacchierata dai toni cordiali e amicali, farlo rilassare, tendergli un tranello per fargli dire ciò che vuoi. A questo punto però ti poni alcuni problemi legali. Sai bene ormai che registrare una conversazione tra due persone, entrambe presenti ma all’insaputa dell’altro, è lecito e non richiede alcuna autorizzazione del giudice o della polizia. Portare con sé una microspia o un semplice smartphone con l’applicazione di registrazione vocale in modalità “on” non è illegale e il file audio può essere utilizzato per sporgere querela o in un giudizio civile (un risarcimento, un recupero crediti, ecc.). Ciò che è illecito, invece, è registrare una conversazione all’insaputa dell’altra persona in casa di quest’ultima, nella sua auto o mentre è sul suo posto di lavoro. Allo stesso modo è vietato dalla legge lasciare un registratore in una stanza e andare in un’altra sperando che gli “intercettati” si sentano liberi di parlare senza timore di essere controllati. Ciò che però ti chiedi è se è legale registrare una telefonata. Il tuo dubbio infatti è che, essendo il telefono dell’altra persona collocato proprio nella sua abitazione, potresti commettere reato di invasione della privacy. Cosa dicono a riguardo la legge e la giurisprudenza? È quello che cercheremo di spiegare in questo articolo.
Cos’è un’intercettazione telefonica
Anche se spesso si parla di “intercettazione telefonica” con riferimento alla registrazione di una chiamata fatta da chiunque, in realtà le «intercettazioni» sono solo quelle effettuate dalla polizia giudiziale su autorizzazione del giudice. Tali intercettazioni, volte alla ricerca della prova nei confronti dell’indagato, possono avvenire solo nel rispetto di determinati limiti (di spazio, di tempo e per specifici e gravi reati).
Se però la polizia ha le mani legate, il privato cittadino non le ha ed è sempre libero di registrare una conversazione o una telefonata senza dover chiedere il permesso alle autorità. Vedremo a breve come deve svolgersi tale attività per poter essere lecita.
Registrare una conversazione all’insaputa dei presenti
È lecito registrare una conversazione che si intrattiene tra più persone ed all’insaputa di tutti o solo di alcuni. Chi parla accetta anche il rischio di essere registrato, dice la Cassazione. È però necessario che:
- alla conversazione partecipi colui che sta registrando. Questi non può limitarsi a lasciare il registratore e ad andare via, così facendo presumere agli altri di essere liberi di dire ciò che vogliono;
- la registrazione non avvenga nei luoghi di privata dimora della “vittima”. Ad esempio, è illegale andare a casa di un amico o nel suo ufficio riservato e attivare il registratore. Bisognerebbe chiedergli invece di scendere in strada o di andare al bar e solo lì, in un luogo pubblico, attivare la microspia. È anche possibile registrare in casa propria quello che dicono invece gli ospiti.
Registrare una telefonata all’insaputa dell’altro
Così come è legale la registrazione di una conversazione tra presenti e all’insaputa di questi, la registrazione di una telefonata con un’altra persona ignara di essere “intercettata” non viola l’altrui privacy e, quindi, non costituisce reato (quello di «interferenze illecite nella vita privata» [1]). Questo perché, secondo la Cassazione [2], la registrazione non fa che fissare, su una memoria elettronica, ciò che è già “nostro” e fa parte del nostro patrimonio sensoriale, essendo stato captato dal nostro udito e immagazzinato nella nostra memoria. Insomma, poiché la conversazione diventa parte del nostro bagaglio di conoscenze, la registrazione di una chiamata su un file audio o video altro non è altro che una ripetizione di ciò che la nostra stessa memoria ha già compiuto: l’immagazzinamento di un fatto storico a cui abbiamo partecipato direttamente. Vietare la registrazione, del resto, sarebbe più o meno come comandare di “dimenticarsi di una conversazione” [3]. Il che è assurdo.
Per citare le parole della Suprema Corte, la registrazione fonografica di una conversazione o di una comunicazione a opera di uno degli interlocutori non è riconducibile, quantunque eseguita clandestinamente, alla nozione di intercettazione, ma costituisce forma di memorizzazione fonica di un fatto storico, della quale l’autore può disporre legittimamente, anche a fini di prova nel processo. A tal fine nulla rilevando che sia stata la polizia giudiziaria a fornire al privato, che provvede alla registrazione, lo strumento per la registrazione.
Tale è stato anche l’orientamento espresso dalle Sezioni Unite della Cassazione nella famosa sentenza “apripista” del 2003 [4] secondo cui la registrazione del colloquio, in quanto rappresentativa di un fatto, integra la prova documentale.
Posso far sentire ad altri o pubblicare la conversazione telefonica?
Se è legale registrare una telefonata, non lo è invece la pubblicazione del suo contenuto. Non si può quindi far ascoltare l’audio a una platea di uditori (ad esempio nel corso di una riunione di condominio), non si può pubblicare il file su internet o su un social network (a meno che si distorca il suono in modo da non far risalire all’autore della dichiarazione e vengano oscurati eventuali altri nomi citati nella conversazione). La legge vieta infatti solo la diffusione della conversazione [5] salvo ci sia il consenso di tutti coloro che vi hanno partecipato (e non solo di uno).
Resta chiaramente lecito far sentire il contenuto della registrazione telefonica a un giudice, a un carabiniere, a un poliziotto e a qualsiasi altra autorità preposta alla tutela dei diritti del cittadino.
Ad esempio, è possibile fa ascoltare il file nel corso di un procedimento disciplinare dinanzi al proprio datore di lavoro; in una causa di separazione o divorzio per dimostrare, ad esempio, l’altrui confessione di tradimento; o in un giudizio per il recupero di un credito, per provare l’ammissione del debitore.
Quali norme citare per considerare lecita la registrazione di una telefonata?
Ti sembrerà strano ma è proprio il Codice della Privacy [5] a consentire la registrazione di una telefonata eseguita all’insaputa dell’altro conversante. Ciò infatti è necessario «per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento».
Si può registrare una videoconferenza?
Le stesse regole previste per il telefono o lo smartphone valgono anche per le video conferenze. È lecito quindi registrare una chiamata via Skype o con qualsiasi altra applicazione per i video messaggi, fosse anche WhatsApp, Messenger, Google Hangout.
note
[1] Art. 615 bis cod. pen.
[2] Cass. sent. n. 16886/2007; C. App. Milano, sent. n. 1242/2011, Cass. sent. del 22.04.1992.
[3] Cass. sent. n. 18908/2011: «Integra il reato di trattamento illecito di dati personali (art. 167, d.lg. 30 giugno 2003, n. 196) il diffondere, per scopi diversi dalla tutela di un diritto proprio o altrui, una conversazione documentata mediante registrazione. (In motivazione la Corte, in una fattispecie relativa al sequestro di una penna in cui erano incorporati un microfono ed una telecamera utilizzata da un investigatore privato per registrare alcune conversazioni all’insaputa dei suoi interlocutori, ha altresì precisato che il reato può configurarsi anche in forma tentata)».
[4] Cass. S.U. sent. n. 36747/2003: «Le intercettazioni regolate dagli art. 266 ss. c.p.p. consistono nella captazione occulta e contestuale di una comunicazione o conversazione tra due o più soggetti che agiscano con l’intenzione di escludere altri e con modalità oggettivamente idonee allo scopo, attuata da soggetto estraneo alla stessa mediante strumenti tecnici di percezione tali da vanificare le cautele ordinariamente poste a protezione del suo carattere riservato. Ne consegue che la registrazione fonografica di un colloquio, svoltosi tra presenti o mediante strumenti di trasmissione, ad opera di un soggetto che ne sia partecipe, o comunque sia ammesso ad assistervi, non è riconducibile, quantunque eseguita clandestinamente, alla nozione di intercettazione, ma costituisce forma di memorizzazione fonica di un fatto storico, della quale l’autore può disporre legittimamente, anche ai fini di prova nel processo secondo la disposizione dell’art. 234 c.p.p., salvi gli eventuali divieti di divulgazione del contenuto della comunicazione che si fondino sul suo specifico oggetto o sulla qualità rivestita dalla persona che vi partecipa».
[5] Cod. Privacy art. 13, comma 5, lett. b).